Nelle settimane scorse è stato pubblicato il rapporto promosso dal MIMS e dedicato a “Investire in Infrastrutture: strumenti finanziari e sostenibilità”. Un colloquio tra Alfredo Martini, direttore AIS e Cosimo Pacciani, componente della Commissione MIMS Finanza per le Infrastrutture e la Mobilità Sostenibili ci permette di approfondirlo.
Quadro macro di riferimento per la scelta di strumenti di finanziamento e per la programmazione degli investimenti
Comprendere come sia possibile creare le condizioni affinché la capacità progettuale del nostro Paese in materia di opere pubbliche e infrastrutture sia attrattivo per i capitali privati costituisce un elemento rilevante nella strategia di sviluppo che è all’origine delle scelte fatte con il PNRR. E’ questo uno degli obiettivi che sono all’origine del rapporto promosso dal MIMS e dedicato a “Investire in Infrastrutture: strumenti finanziari e sostenibilità”.
Come si legge nell’introduzione, il Rapporto dopo aver decritto “il quadro di riferimento per la scelta di strumenti di finanziamento e per la programmazione degli investimenti”, analizza alcuni schemi innovativi utili alla selezione del finanziamento, così come “metriche e metodologie di valutazione d’impatto per classificare, valutare e monitorare i progetti di investimento in base al loro allineamento agli obiettivi di sostenibilità, climatici e al rischio finanziario di transizione.”
Di questo e del valore del Rapporto, così come della sua utilità per la filiera degli operatori e per il sistema finanziario ne ragionano il direttore di AIS, l’Associazione italiana per le infrastrutture sostenibili, Alfredo Martini e l’esperto di risk management Cosimo Pacciani, già manager in diverse società finanziarie ed oggi in Poste italiane, nonché coordinatore del capitolo 2 del Rapporto del MIMS, dedicato al “Quadro macro di riferimento per la scelta di strumenti di finanziamento e per la programmazione degli investimenti.”
Pacciani: Il lavoro della Commissione, affidata al coordinamento del professor Fabio Pammolli, alla quale ho partecipato, costituisce uno dei due tasselli, due rapporti, tra loro fortemente integrati, volti a ricostruire e definire uno scenario sintetico, ma articolato, sullo stato dell’arte delle infrastrutture del nostro Paese alla luce dei nuovi obiettivi di sostenibilità ambientale, economica e sociale.
Attraverso il coinvolgimento di un ampio spettro di competenze diverse, è stato possibile innanzitutto evidenziare una serie di criticità ambientali e sociali, il cui superamento diventa essenziale per raggiungere gli obiettivi di adattamento ai cambiamenti climatici e alle trasformazioni che ci aspettano. Questo l’ambito di analisi del Rapporto Carraro su cui si innesta il lavoro della Commissione Pammolli, di cui ho fatto parte, con il quale si sono messi a fuoco gli strumenti oggi disponibili per sostenere e finanziare progetti infrastrutturali sostenibili.
Il punto di partenza è stato un concetto di base, che esista una scarsa propensione di fondi e finanziatori privati ad investire nelle nostre infrastrutture. Ci siamo chiesti se questo corrispondesse alla realtà dei fatti e quali ne fossero i motivi, soprattutto nel contesto di progetti di interesse pubblico.. Da qui la grande attenzione al mancato successo, diversamente da quanto avviene in altri Paesi europei, di forme di partenariato pubblico-privato, considerati strumenti effettivi per rimediare ai fallimenti del mercato.
Abbiamo verificato come all’origine vi sia non tanto un quadro normativo inadeguato, come spesso si crede, bensì una causa più generale che riguarda le condizioni oggettive e soggettive necessarie affinché vi sia la convenienza ad investire, ad iniziare dal fattore tempo. Così come emerge una sostanziale necessità di irrobustire la Governance pubblica legata agli strumenti di interventi. Ed è proprio sulla necessità di creare una infrastruttura di governance che si è concentrato molto del lavoro della Commissione.
Abbiamo constatato la necessità di una cabina di regia in grado di incrociare informazioni e dati sulle caratteristiche dei progetti e sulla loro capacità di dare risposte in termini di obiettivi di sostenibilità coniugandole con le esigenze finanziarie, così da poter rendere trasparenti le potenzialità presenti e favorire l’acceso di investitori. In particolare abbiamo evidenziato nel Rapporto l’importanza di costruire dialoghi e confronti gestendo i flussi informativi e di scambio relativi ai progetti, anche su temi legali e amministrativi. L’idea quella di creare un centro di eccellenza e di condivisione di best practice, anche tenendo conto delle tante competenze a livello locale, che potrebbero essere messe a sistema.”
Martini: Questa della collaborazione e delle sinergie, e quindi della comunicazione tra le istituzioni, tra uffici, appare veramente il cuore del problema. Vale rispetto alla vostra riflessione sulle necessità di attrarre investitori, così come rispetto agli obiettivi di ridurre gli sprechi e di accrescere l’efficienza nelle fasi di programmazione e di messa a terra dei progetti. Una questione che si lega a quella di avere dei criteri univoci, dei parametri condivisi in grado di svolgere un ruolo di benchmark. Da qui l’importanza del tema della misurabilità della sostenibilità. Una questione che come AIS riteniamo debba costantemente essere riproposta come fondamentale.
Si tratta a nostro parere di un elemento centrale anche in un’analisi finalizzata a valutare quelli che voi definite i livelli di “addizionalità”, destinata ad assumere una funzione di paradigma rispetto al quadro dei finanziamenti potenziali ed aggiuntivi da parte del sistema privato. L’importanza di strumenti in grado di misurarla, alcuni dei quali vengono puntualmente descritti e promossi nel Rapporto, trovano piena corrispondenza anche rispetto alla nevralgica questione dell’individuazione dei fabbisogni dei territori, come fase propedeutica a fare delle scelte di pianificazione coerenti con questa logica considerando in modo particolare i rischi rispetto a un potenziale investimento. Da qui l’importanza di inserire nel gioco l’ascolto delle comunità locali. Da qui il tema dello stakeholder engagement che non può che dilatare il suo valore a monte e a valle del progetto, andando oltre lo strumento del dibattito pubblico per risultare decisivo nella definizione delle scelte di pianificazione, così come nella fase realizzativa di una infrastruttura.
Pacciani: Il concetto di addizionalità viene chiamato in causa come il parametro di riferimento per una analisi che voglia valutare e quindi misurare le potenzialità di un’opera pubblica, perché l’impegno aggiuntivo, che sia comunitario che nazionale dei fondi e degli interventi speciali possa creare anche attrattiva per ulteriori investimenti. Il modello non riguarda l’alternativa tra spesa pubblica e investimento privato, bensì la capacità della prima di diventare fattore di moltiplicazione, di volano rispetto alla disponibilità di risorse private.
Perché questo avvenga è tuttavia necessario che vi sia qualcuno in grado di valutare a livello centrale quali risorse sono necessarie e quali effetti in termini di impatto possano produrre. Quel che serve è una piattaforma di competenze da mettere in campo e utilizzare in modalità integrata a disposizione delle amministrazioni attive sui territori. Una cabina di regia con il compito di coordinare e valorizzare le potenzialità esistenti. In questo modo diventa possibile utilizzare al meglio le rilevati risorse disponibili orientandone l’impiego in una logica di sviluppo dell’investimento. Si tratta di creare quel collegamento essenziale tra Europa, strategie nazionali ed esigenze territoriali così da fornire risposte concrete per connettere progetti e risorse, fornendo le informazioni necessarie sul come, quando e dove.
In questo modo diventa possibile correggere i numerosi non allineamenti tra domanda ed offerta. Egualmente, la cabina di regia potrebbe aggregare più progetti e, attraverso il meccanismo della cartolarizzazione, contribuire ad offrire agli investitori delle opportunità più interessanti ,riducendone i rischi. Così come potrebbe fornire una gamma di servizi a supporto delle amministrazioni pubbliche in termini di contrattualistica, di analisi delle performance o di controllo sui flussi. Solo per fare alcuni esempi.”
Classificazione dei progetti di investimento in base ad allineamento agli obiettivi di sostenibilità, climatici e al rischio finanziario di transizione
Martini: All’inizio del capitolo 5 del Rapporto, dedicato a Classificazione dei progetti di investimento in base ad allineamento agli obiettivi di sostenibilità, climatici e al rischio finanziario di transizione si può leggere che “un mancato allineamento degli investimenti infrastrutturali agli obiettivi di sostenibilità e climatici ostacolerebbe la transizione verde in Italia, introducendo nuovi rischi per lo sviluppo economico e la stabilità finanziaria del sistema Italia, già messa a dura prova dalla crisi pandemica.”
È un po’ il cuore della sfida che attiene alla nostra capacità di saper raggiungere gli obiettivi del PNRR. Traducendola e facendola atterrare sulla concretezza attuativa da parte delle amministrazioni locali e del tessuto imprenditoriale diventa essenziale una crescita culturale rispetto al doppio quadro che potremmo sintetizzare del DNSH – della non produzione di un danno, previsto dalla “tassonomia” europea, da un lato e dell’adeguamento ai criteri ESG dall’altro. Sul fronte della filiera operante nelle infrastrutture diventa urgente ed essenziale accelerare una serie di processi che chiamano in causa l’approccio stesso rispetto al ruolo e alla organizzazione produttiva e gestionale dell’impresa, così come nei rapporti con i finanziatori.
Come AIS abbiamo avviato un gruppo di lavoro che a breve metterà a disposizione un Position Paper. Un documento che ha il duplice obiettivo di aiutare le imprese e le società a dotarsi di strumenti di analisi e di comunicazione utili a consentire in modo trasparente e misurabile la propria propensione alla sostenibilità, così come in termini di responsabilità sociale; dall’altro porre il tema della trasparenza dei criteri di valutazione da parte del sistema finanziario. Una questione ancora troppo dipendente da visioni parziali e in capo alle agenzie di rating o privi di controlli reali di terza parte.
Pacciani: Credo che una delle cause che sono state all’origine di reali criticità possa essere individuata nella mancanza di un approccio univoco e condiviso. Ciò vale sia per il mercato che rispetto alla costruzione e all’analisi dei progetti di investimento, dove gli obiettivi ESG devono essere chiari sia a livello nazionale che territoriale. Diventa rilevante anche poter selezionare i progetti proprio sulla base della loro maggiore rispondenza agli obiettivi di sostenibilità in una logica ESG.
Un’analisi che sia in grado di evidenziare i livelli di equilibrio tra le diverse esigenze ambientali, sociali e di Governance e a cui collegare delle strategie e delle azioni di verifica con le comunità locali. E’ essenziale un confronto e una capacità di saper comunicare e illustrare in maniera chiara le diverse potenzialità, sapendo coniugare previsione di costi ed effetti, sapendo individuare anche progetti posizionati nella zona grigia tra investimenti che valorizzino aspetti ambientali e sociali, mettendoli in relazione con gli interessi economici. L’obiettivo non può che essere un virtuoso equilibrio.
Spesso si fanno scelte e si prendono decisioni senza avere una visione di insieme e questa parzialità può incidere in misura rilevante sulla ricerca degli investitori e l’acquisizione dei finanziamenti necessari alla realizzazione del progetto. Il coinvolgimento, il confronto di tutti i soggetti, la capacità di mettere in campo una comunicazione chiara e supportata da analisi trasparenti e qualificate, come si può verificare in molti casi inglesi, fa la differenza. Diventa determinante disporre di un modello e un percorso molto chiaro.
Su tutto questo non possiamo sottovalutare gli effetti di esternalità inattese, come l’invasione russa in Ucraina, con il rischio di un’economia di guerra.
Ed è questo un momento in qui si dovrebbe resistere le tentazioni di un ritorno indietro rispetto alla transizione verso la sostenibilità. I venti di guerra stanno rimettendo in discussione i processi di revisione di una serie di comportamenti. L’emergenza, il cambiamento di prospettiva a breve possono diventare un pericolo anche per il fatto che il processo di adeguamento ai nuovi obiettivi sintetizzati negli ESG non è stato ancora completato. Un esempio banale può rendere bene l’idea. Dopo aver messo al bando l’olio di palma, ora con le difficoltà di trovare quello di semi, a causa del conflitto Ucraino, le persone non si fanno scrupoli a tornare a comprarlo.
Ecco allora che le politiche pubbliche diventano determinanti. Vanno promossi degli incentivi sia di mercato che di posizionamento. Così come va rafforzato il dialogo con gli investitori per mantenerli proiettati sugli obiettivi di sostenibilità, portandoli ad investire su questi progetti anche se non presentano ritorni economici significativi.
Tornando al Rapporto, io credo che esso evidenzi come in Italia esista una potenzialità e un importante capacità di attrarre investimenti, ma che perché tutto questo si trasformi in flussi costanti e in concrete opportunità è necessario disporre di una struttura di coordinamento che sappia connettere l’offerta progettuale con le diverse tipologie di risorse disponibili.”
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