di ERCOLE INCALZA – Prima considerazione tipicamente geografica: il nostro Paese può essere considerato un sistema insulare in quanto a Nord incontra un vincolo sostanziale, rappresentato dall’arco alpino, nei rapporti con gli altri Paesi dell’Europa ed a Sud incontra il vasto bacino del Mediterraneo.
Fatta questa premessa ritengo opportuno far presente che mi ha sempre affascinato una immagine che paragona il sistema delle reti e dei nodi del sistema logistico del Paese alle componenti di base che danno la vita al corpo umano:
– gli assi stradali e ferroviari rappresentano il sistema arterioso e venoso
– i porti, gli interporti, gli aeroporti, i nodi urbani ed i valichi sono i polmoni che rendono possibile la vita continua e sistematica ai flussi di merci e di persone
In fondo il Mediterraneo è un ambito a cui si rivolgono, con grande interesse, tutti i Paesi europei ed è, al tempo stesso, un ambito obbligato per tutti coloro che intendono entrare nel vasto sistema europeo.
Con il suo solo 1% nell’intero spazio marittimo del Pianeta, il Mediterraneo è attraversato da oltre il 22% della movimentazione mondiale. È un dato che non solo fa capire il ruolo strategico e la rilevanza logistica del Mediterraneo ma, al tempo stesso, denuncia quanto diventi rilevante e direi rivoluzionaria la serie di valichi che, proprio in questo momento storico, si tanno realizzando lungo il nostro arco alpino. In realtà non solo stiamo amplificando la osmosi tra il nostro Paese e l’Europa ma anche tra l’intero bacino del Mediterraneo e l’intero sistema terrestre europeo.
Questo interessante impianto logistico, questa rara ricchezza che rappresenta, senza dubbio, una rilevante rendita di posizione per il nostro Paese, questa misurabile sommatoria di convenienze che trasforma questo bacino geografico in bacino geoeconomico, purtroppo non è stato adeguatamente capito ed apprezzato all’interno del nostro Paese. Infatti a livello logistico, a livello di ottimizzazione della intera supply chain che caratterizza le varie filiere logistiche e merceologiche, i nodi portuali del Centro Nord (Civitavecchia, Livorno, La Spezia, Genova, Ancona, Ravenna, Venezia e Trieste) garantiscono davvero una ricaduta economica sull’intero retroterra e assicurano ai nodi interportuali di Guasticce, Bologna, Verona, Padova, Orbassano, una adeguata canalizzazione delle merci; diventano, cioè, i porti e gli interporti, veri polmoni che amplificano i vantaggi prodotti dai transiti e con la realizzazione dei nuovi valichi, come il tunnel Torino – Lione, la ristrutturazione del Sempione, il San Gottardo e il Brennero, diventano sedi di ulteriore interesse non solo per il nostro Paese, non solo per le provenienze dal centro europeo ma degli ingressi dall’intero bacino del Mediterraneo.
Ed allora sarebbe miope ed irresponsabile non affrontare, da subito, le motivazioni che non hanno consentito, da sempre, a questa vasta realtà territoriale di beneficiare della particolare ubicazione strategica, le motivazioni che hanno solo ammesso le potenzialità di questo vasto sistema senza però mai trasformare queste misurabili ed oggettive potenzialità in reali HUB della logistica. Molti diranno che questa presa d’atto dimentica che nel Mezzogiorno esiste il più grande impianto logistico del Paese con i suoi 3 milioni di TEU (container lungo 20 piedi) e cioè Gioia Tauro, a questa contestazione rispondo subito precisando che però tre grandi potenziali impianti portuali transhipment come quelli di Cagliari, Augusta e Taranto movimentano un numero limitatissimo di TEU ed ancora nel Mezzogiorno esiste solo uno interporto quello di Nola – Marcianise.
In realtà il Mezzogiorno non solo non possiede quelli che prima ho definito i “polmoni” della economia, i “polmoni” del successo logistico ma, addirittura, non riesce, in nessun modo, ad utilizzare i vantaggi prodotti dalla movimentazione delle merci in transito, cioè i vantaggi prodotti da un transito sistematico di oltre 160 milioni di tonnellate di merci all’anno, cioè ad un volano di risorse prodotto dalle attività logistiche pari ad oltre 3,4 miliardi di euro che al Sud lascia come valore aggiunto un valore non superiore al 5%, cioè praticamente nulla.
Cosa non ha funzionato, non certo la capacità imprenditoriale della gente del Sud quanto l’azione di chi ha, negli anni, interpretato l’intera area del Mezzogiorno come ambito da gestire senza assicurare un adeguato ritorno. Questo comportamento per poter essere non solo modificato, non solo contestato deve essere, a mio avviso, contrastato costruendo nel Mediterraneo le condizioni per cui il vasto territorio del Sud diventi area geoeconomica catalizzatrice di interessi di realtà economiche in grande espansione, di HUB logistici sempre più rilevanti come il porto di Bar in Montenegro, come Durazzo in Albania, come il Pireo in Grecia, come Damietta in Egitto, come il porto di Haifa in Israele.
Poco tempo fa proprio partendo da una simile ipotesi, disegnando una simile aggregazione di interessi, avevo, addirittura, ipotizzato una unica Società per Azione dei porti del Mediterraneo; una Società che poteva trovare nel Mezzogiorno il catalizzatore portante di una iniziativa che potesse ottimizzare al massimo gli interessi di chi invece oggi ritiene il Mezzogiorno, come dicevo prima, solo pura area di attraversamento.
Basterebbe davvero poco, costruendo queste alleanze, evitare che, annualmente, il Mezzogiorno perda un introito certo di oltre due punti di PIL ed è al tempo stesso inconcepibile che, dal dopo guerra ad oggi, sia mancata non una programmazione a realizzare reti ferroviarie e stradali capaci di ottimizzare le interazioni tra i vari nodi logistici (portuali ed interportuali) quanto la concreta attuazione di quanto programmato (in proposito solo quattro dati: l’autostrada Palermo – Messina progettata e realizzata in 37 anni, l’autostrada Salerno – Reggio Calabria progettata e realizzata in 28 anni, l’asse Palermo – Agrigento – Caltanissetta progettata in 8 anni e ancora in corso di realizzazione, l’asse stradale 106 Jonica progettata in 11 anni e ancora in corso di realizzazione).
Penso che il Festival EuroMediterraneo dell’Economia a Napoli rappresenti la prima occasione per ricordare al nuovo Governo, a questo nuovo Parlamento quanto sia stato finora irresponsabile l’approccio sia dell’organo centrale che locale nella gestione del Mezzogiorno e nella ottimizzazione delle condizioni strategiche offerte dal bacino del Mediterraneo e, al tempo stesso, per denunciare alla Unione Europea quanto sia stato e quanto, in futuro, sia conveniente investire nel Mezzogiorno e nell’intero “HUB logistico Italia” soprattutto per i Paesi dell’intera realtà comunitaria e quanto le reti TEN – T, con i valichi realizzati anche con rilevanti risorse del nostro bilancio, siano in grado di offrire condizioni di crescita e di sviluppo per l’intero impianto comunitario. (ei)
IL MEDITERRANEO FA SCOPRIRE ADESSO IL RUOLO STRATEGICO DEL MEZZOGIORNO